FAOL

BONAVERI FAOLRegina invincibile,
annunciata dal ruggito delle belve,
senza cintura,
d'aspetto imbattibile,


domatrice di tori,
custode del cosmo,
guida, ninfa, nutrice dei giovani,
frequentatrice dei monti.

 

 

Marco Sonaglia per IL POPOLO DEL BLUES:

 

Avevamo lasciato Germano Bonaveri con l’ottimo “Il bardo e il re dei gatti” neanche un anno fa e come un lampo a ciel sereno ci appare “Faol” la sua nuova fatica discografica. Certo i tempi per chi fa musica sono quelli che sono e in questi momenti la vena creativa è come un vulcano in eruzione e vi assicuro che in queste nuove undici tracce non è affatto stanca. Ritmi quasi dance con pennellate di elettronica accompagnano “Blu”(“Oltre ogni limite non è pazzia, devo solo immaginarmi libero”) che ricorda il Battiato degli anni ottanta. Gli archi e l’arpa si intrecciano in “Atto secondo, scena ottava” (“No grazie no, grazie no, grazie no l’edera non fa per me, magari una quercia nè un tiglio sarò, ma libero la vita vivrò”). Un tappeto minimale sostiene “Ostinato” ( “Ho scelto di lottare per ciò che mi appartiene e che nessuno può portarmi via, Il bisogno che ho di sentirmi libero, anche se già lo so che fa stare male”). “Faol” (“Tutto appare ineluttabile, quanto inutile il fuggire, sotto al faggio secolare mi posai per poi morire, sul più alto dei suoi rami il mio spirito dimora, guardo transitare le stagioni ululando come allora”) ha l’andamento di un’antica danza tribale, celtica, cupa e misteriosa. Un intreccio di voci, archi e bouzoki pennellano “La torre di Babele” ( “Eccola qui, magnifica la pietra angolare, il Telesma del mondo, ricoprirsi liberi da ogni stortura di nostra natura, Babilonia ha vinto ancora su ogni dolore, su ogni paura”). Delicata e toccante “Il respiro di Tonino” ( “Oggi l’orizzonte è dietro me e nasconde le opportunità che ho dipinto con le mie parole e la luna, dentro me, soccomberà.. ed il mandorlo lo sa”) dedicata allo scrittore Tonino Guerra sul tappetto di pianoforte, arpa e violoncello. Si continua con la stupenda “Ecate” (“L’ora si avvicina, Ecate in cielo si mostrerà, le restituirò la vita, quando Orione alta risplonderà, è gunta l’ora presto un altro ciclo si comperà, sorgerà da Oriente l’astro che il mio regno dissolverà, non chiamarla morte e nessun affanno ti coglierà”). Echi di Ivano Fossati nella bellissima “Cosa porterai” (“E credimi non ti mancheranno le parole che non hai detto, gli errori che si fanno, la bellezza di un gatto, un tramonto sulla pianura quando le ombre diventano enormi, una canzone da cantare in due e l’ozio sano di certi giorni”) scandita dal pianoforte, percussioni e flauto. “Gli angeli” ( “Presto capirai che è del tutto inutile rinunciare ad essere per essere affidabile e il lupo non è ostile, segue le sue regole, il pericolo peggiore son tutte quelle pecore intorno a te”) è una ballad pianistica di forte impatto. Si ritorna ad atmofere più magiche e inquietanti con “Il sabba” ( “L’ingrediente oscuro spegne ogni speranza, perchè nulla al mondo uccide più dell’ignoranza”). Il viaggio si chiude con “Il disco fa click” ( “Avete distrutto anche l’ultima nuvola dove avevamo nascosto una favola, è chiaro il disprezzo che avete per i sotto-umani, ma non vi azzardate a toccare i bambini”) una dolce dichiarazione d’amore al mondo delle fiabe sonore. Un lavoro come sempre di altissimo livello, questa volta con arrangiamenti più soffusi e una scrittura sempre così ispirata e ricercata. La voce è avvolgente, calda, emozionante e tratteggia benissimo le pieghe di un’anima viva e tormentata. Bonaveri si conferma uno dei più grandi cantautori italiani e penso che sia arrivato il momento della sua consacrazione. Intanto ci godiamo questo ennesimo gioiello, questo abbaglio di luce in tempi così oscuri.

Marco Sonaglia