(Testo e musica Germano Bonaveri)
Adesso che ho perso mezz’ora a cercare un bicchiere
dovrei procurarmi, presumo, qualcosa da bere.
Non c'è nulla di più consolante di un aperitivo
per sedersi in un bar e sentire così di esser vivo.
Questo rito sociale che compio nel mio quotidiano
è la prova che sono integrato e che ci assomigliamo.
E comunque sia chiaro per tutti che qui siamo in tanti
a pensare che non spetti a noi fare un passo in avanti,
perché in fondo la cosa che conta, per me, è farla franca:
e non è per paura... è soltanto il coraggio che manca.
Tanto il conto alla fine lo pagano sempre gli stessi,
quindi meglio restare nel branco e aspettare che passi.
Perché io per natura sto in bilico.
Trovo molto conveniente
star simpatico a tutta la gente.
Resto appeso e non litigo:
condivido ogni opinione
per istinto di conservazione.
Non vorrei vi faceste di me un concetto sbagliato:
ho aderito persino a un progetto di volontariato
che prevede di dare assistenza ad un bimbo africano
con un esseemmeesse lanciato dal telefonino.
Trovo molto attraenti i progetti di aiuto a distanza
per tenere pulita e leggera la nostra coscienza.
E’ che io vivo appeso da un secolo,
è il mio stato naturale
e comunque non sto così male.
Tuttavia resto immobile,
butto giù l’aperitivo:
se mi brucia lo stomaco,
allora vuol dir che son vivo.
Ho un conato di vomito,
ma non è quel che ho bevuto:
è che a furia di fare l'appeso
son stato impiccato.