Il “Poeta Contemporaneo” della musica

aevDal sito GENZIANATRAIFIORI.IT

Con un concerto tenuto a Bologna il 9 marzo scorso, presso il Teatro delle Celebrazioni, ha inaugurato “Le Città Invisibili Tour 2010” e presentato il suo nuovo album, composto da brani che sono un confronto di idee con chi ascolta. Germano Bonaveri è infatti un Poeta Contemporaneo che nelle sue canzoni non ha timore ad esprimere le sue idee sulla quotidianità della vita. Oggi lo intervistiamo per approfondire la sua attività di musicista, ringraziandolo fin da ora per la disponibilità che ha voluto dare a questa intervista.

D: Ogni tuo album ha una storia, un filo conduttore preciso. A quale di questi sei più legato, sia professionalmente che emotivamente, e per quale motivo?



Ogni album è un prodotto che ha dietro le spalle mesi di lavoro, di rapporti interpersonali, di dubbi, di emozioni. In piu’ ogni album è il risultato del vissuto che lì viene raccontato. Ognuno di essi ha precise rilevanze emotive: SCIVOLA VIA e’ il primo disco vero che ho registrato, il disco della speranza e dell’entusiasmo incosciente costruito assieme all’amico e produttore Imerio Vignoli, metalmeccanico come me; MAGNIFICO e’ il disco che ho fatto assieme al mio Maestro ed Amico Beppe Quirici, il disco del sogno realizzato, delle collaborazioni importanti, il disco dove mi sono sperimentato a fianco di artisti spaventosamente bravi con i quali ancora collaboro. CITTA’ INVISIBILI e’ l’ultimo nato, quindi reca ancora con molta forza le impressioni di tutte le emozioni che lo hanno attraversato: la responsabilita’ di continuare il lavoro iniziato assieme ad un produttore artistico del calibro di Beppe Quirici, il farsi carico di condurre il progetto,
al suo compimento, rimettersi in gioco ogni volta partendo da zero.
E’ anche l’album che in questo momento per ovvie ragioni mi rappresenta piu’ degli altri (essendo pressoche’ contemporaneo al periodo che sto vivendo), e che fin da adesso che e’ uscito rappresenta il trampolino del prossimo lavoro, carico delle aspettative che chi crede in me e nel progetto vi ha riposto: viene quindi accudito come l’ultimogenito.


D: Veniamo ora a quest'ultimo album: com'è nata l'idea di “Le Città Invisibili” e qual è l'esigenza principale che hai voluto esaudire nel crearlo?

E’ un lavoro incentrato sull’invisibilità. Prende spunto dal libro “Le citta’ invisibili” di Italo Calvino (e la canzone “le città invisibili” è una nota biografica sull’autore ed un viaggio metafisico all’interno delle sue pagine) per poi svilupparsi attorno all’invisibilita’ in alcune sue moderne forme. Quella di chi si perde all’interno di città costruite attorno alla solitudine massificata dei media, dove anche il concetto di famiglia si disgrega (Miraggi), quella della solitudine che e’ propria di ciascuno di noi di fronte ai dubbi e le paure dell’esistenza (Onde), quella di chi non si ritrova e non sa piu’ collocarsi all’interno di una politica disgraziata e lontana dalla realta’ delle persone (Controvento), quella degli immigrati di tutte le terre, estranei persino alla loro stessa terra d’origine (Clandestino) e via via attraverso tutte le forme di questa nuova patologia con cui tutti dobbiamo confrontarci, arrivando alla vecchiaia che oggi e’ diventata una malattia da nascondere con chirurgia estetica e ceroni e biacca, a differenza di secoli fa, quando la maschera del vecchio era da esibire orgogliosamente come portatrice di saggezza ed esperienza. Oggi una malattia da nascondere o da emarginare all’interno di supermercati, sempre ben areati da impianti di condizionamento (Danza).


D: Nel tuo tour sei accompagnato da musicisti di grande talento. Parlaci del tuo rapporto con loro (ho notato una notevole sinergia fra di voi), di come li hai incontrati e della collaborazione instaurata. In particolare, al concerto abbiamo ascoltato qualche canzone nata dalle composizioni musicali di alcuni di loro, vero?

Vero. Antonello D’Urso e Luigi Bruno li ho accolti come co-arrangiatori del progetto perché ci conosciamo bene, collaboriamo assieme da anni quindi erano le persone giuste cui raccontare le impressioni che avrei voluto fare uscire dal disco. Antonello ha scritto anche le musiche di Onde, Clandestino e la prima parte di Danza, mentre Luigi ha composto la musica di Noel. Dopo avere composto la melodia ed i testi, ho raccontato loro quale atmosfera occorresse ed assieme abbiamo arrangiato i brani.
Max D’Adda invece è il compositore di Controvento.
Maurizio Biancani è uno dei piu’ grandi fonici italiani: ha voluto partecipare al mio progetto e devo dire che sono orgoglioso e fiero di un simile compagno di avventura. Ci ha legati assieme la passione per la musica, tutto qui.
Il mio rapporto con le persone non lo gestisco: e’ quel che e’, come l’amore che cantava Fried nelle sue poesie. Le persone si incrociano, si conoscono quando capita, lavorano assieme, si salutano. Si vive, insomma.
Rispetto il mio prossimo e gradisco essere rispettato. Mi piacciono l’onesta’ intellettuale e quella morale.
Se questi presupposti sono comuni, si diventa amici.

D: Nelle tue canzoni si sente tutto il sapore della migliore tradizione musicale italiana, da De André a Guccini. Vorresti parlarci del tuo rapporto con questi grandi interpreti che spesso celebri e ricordi nei tuoi concerti e nei tuoi brani?

Sono figlio di un metalmeccanico, appassionato di poesia e letteratura. Sono stato cresciuto a pane e poesia. Da Pessoa a Carducci, da Manzoni alla Merini, da Fried a Pascoli. Poi la filosofia, altro grande amore della mia disordinata vita.
E la musica. I cantautori della nostra tradizione e di quella francese: Guccini, Gaber, De Andre’, Brel, Vian. Poeti contemporanei che mi accompagnano da quando ho 5/6 anni, con i quali ho pianto, riso, mi sono indignato e ho tremato di commozione.
Il mio terreno del sacro. E su tutti la mia passione che prende i suoi passi dalla mia adolescenza: Bruce Springsteen. La sua scrittura, la sua crescita come uomo e come artista. Potrei citarne tanti altri, ovviamente, ma questi sono i miei lumi.


D: E che mi dici della “contaminazione” di diversi stili musicali come il Jazz, il Blues, la musica Sudamericana o Popolare nella tua musica? Puoi dirci se qualche viaggio o qualche musicista in particolare ti hanno ispirato?

Sinceramente la mia eterogeneita’ e’ stata determinata da due fattori principali: uno è il rispetto per i musicisti con i quali ho lavorato che mi ha portato a sperimentare qualsiasi stile venisse proposto durante le prove, l’altro è il non avere nessun tipo di pregiudizio musicalmente parlando (ed in genere, direi): ogni canzone e’ un mondo, nasce naturalmente, non e’ determinata da teorie ma da impressioni. Quando mi sento di galleggiare nel mare magnum dell’armonia, allora quello e’ lo stile che il brano richiedeva.


D: Parlaci dei tuoi pensieri notturni. Mi sembra di aver capito, ascoltando la tua discografia, che uno dei momenti di maggior ispirazione è proprio la notte...

Sono animale notturno, è vero.
I miei pensieri spesso si fermano, quando fai meditazione da anni capita. Stai li’, guardi, ascolti le emozioni, ti commuovi, ridi.
Credo che per ciascuno di noi sia determinante l’educazione emotiva che ci viene trasmessa ed insegnata nei primi anni di vita. Possiamo imparare tanto vivendo, ma i primi anni sono determinanti rispetto a quello che potremo poi percepire esistendo.
Noel, per esempio (Città Invisibili) è nata alle tre del mattino del 26 dicembre 2008, mentre su uno schermo scorreva un blob delle vittime dell’anno che stava per finire. Ho messo nelle cuffie quella musica, ho scritto in pochi minuti la canzone, l’ho immediatamente cantata, sottovoce. Nel disco e’ ancora quella la voce che potete ascoltare.


D: La tua musica è un modo per dialogare con il mondo, per esprimere le tue idee ed il tuo mondo interiore. Posso chiederti se ritieni che questo modo di fare musica possa avvicinarsi più alla denuncia che non alla narrazione?

A canzoni non si fan rivoluzioni, dice Guccini. Ed ha ragione. Capita che una canzone accompagni un evento, si trovi li’ per caso e ne diventi testimonianza, ma non credo che la canzone possa esserne causa diretta. Possono essere pero’ uno strumento capace di porre l’attenzione di chi ascolta su determinati argomenti, quindi, se vuoi, possiamo considerarle una specie di daemon ispiratore. Partendo da questa considerazione, la canzone e’ poliedrica. Racconta denunciando, diventa canzone politica trattando l’amore e canzone d’amore quando nasce come canto rivoluzionario.
Questo perche’ l’amore e’ rivoluzionario, il gesto quotidiano è politico tanto quanto scegliere se pagare o no il biglietto dell’autobus.
Sono un cantautore e prima ancora una persona. Vivere presenti alla vita è un gesto politico. Solo chi sceglie il sembrare per l’essere non aggiunge nulla alla società umana.

D: Il concetto di “fama”, per te, cosa vuol dire? Cioè: come pensi a te stesso in futuro nei confronti del tuo pubblico e di chi ti segue? Pensi che l'ottenere un sempre maggiore successo (cosa che certamente accadrà) potrebbe cambiare il rapporto coi tuoi fans?

Solo come rapporto numerico, a dio piacendo. E mi auguro che la tua certezza che la fama accadrà sia profetica.
Chi fa un mestiere che lo porta a salire sul palco è un egocentrico. Io lo sono. E’ la gestione dell’egocentrismo il problema, non l’egocentrismo stesso. Riconoscerlo è cosa sana e motivo di crescita. Non ho missioni da compiere se non condurre degnamente la mia vita. Mi voglio bene e la cosa mi aiuta a voler bene agli altri. Il pubblico che incontro nei concerti e’ sempre motivo di stupore, mi regalano emozioni e mi dicono che riesco a regalarne a loro: la cosa e’ bella cosi’. Loro mi danno la possibilita’ ogni volta che mi accolgono sul palco di rappresentare e raccontare le mie emozioni, di entrare nel mio territorio dell’indifferenziato e volare alto. Sono loro riconoscente. Spero di ricambiare ogni volta, di essere all’altezza.

D: E sempre per restare sul tema del tuo pubblico: ho notato in concerto che hai una grandissima capacità di interazione con chi ti ascolta. Comunichi col viso, con la gestualità e con lo sguardo. A cosa pensi maggiormente quando sei sul palco? Quale messaggio intendi trasmettere?

Solo rappresentare la verità. Io sono quella cosa lì, che si dimena, che piange, che si incazza, che soffre, che ride, che si imbarazza. Sono il prototipo dell’uomo qualunque che si rivela, si di-svela senza filtri e si racconta, per crescere e maturare grazie all’interazione con l’altrità. E’ una meravigliosa opportunità che le persone mi regalano, ne siano o meno coscienti. Non penso nulla, sul palco. Esisto, e canto.


D: So che hai partecipato a tantissimi eventi culturali e musicali: il Ferrara Busker Festival, il Premio Tenco 2007, Imola in musica, I venerdì del Santa Chiara, il V-Day....Quale di questi (o quale tra quelli che non ho nominato) pensi abbia arricchito maggiormente il tuo bagaglio artistico o segnato particolarmente la tua idea di fare musica?

Al Centro Sociale L’Airone, di Castenaso, in provincia di Bologna, dal mio amico Oreste. Un concerto per e con i partigiani. Commovente. Bisogna tenere sempre alta la memoria.
Mi hanno regalato il foulard dell’ANPI, cui sono associato. Per un partigiano nipote e figlio di partigiani è una cosa toccante.
E ancora ad un Ferrara Buskers Festival del lontano 2004, quando un signore anziano tetraplegico ballava grazie al Joystick della carrozzina e piangeva, assieme a me.

D: Nell'ambito di questa intervista può non essere stato possibile approfondire tutte le dinamiche del tuo lavoro e della tua ricerca musicale. Ti chiedo quindi se c'è qualche domanda che non ti ho fatto ed alla quale vorresti rispondere oppure se c'è qualche messaggio in particolare che vuoi mandare ai nostri lettori.


Solo poche cose, importanti: i tempi cui corriamo incontro sono presagio di grandi disagi sociali. Occorre riscoprire la solidarieta’, quella vera. Riportare in alto la partecipazione politica, che si traduce nel vivere attivamente la realta’. Stop alle televisioni, spegnetele. Vivete la realta’. Stop alla mercificazione dell’arte, della musica, della poesia. Uscite dai circuiti che garantiscono al potere l’educazione delle masse al loro comodo. E soprattutto parlate ed imparate ad ascoltare il vicino.
Stop al razzismo, a qualunque tipo di fascismo e qualunque tipo di fanatico integralismo. Siate liquidi.
Un grazie a te, Genziana, di cuore, per dare spazio alle parole di artisti che resistono allo strapotere dei media spazzatura.
Un grazie a mio padre, che mi ha trasmesso una buona educazione emotiva e a Beppe Quirici, che ha sempre creduto in me.
Germano Bonaveri.


Un ringraziamento particolare a Patrizia Muzzi di Parole & Musica per avere reso possibile questa intervista ed ancora tantissimi auguri a Germano Bonaveri ed al suo gruppo per Le Città Invisibili Tour 2010 e per il successo delle future attività delle quali saranno protagonisti.