Grazie a Isa .

Che dire? Un articolo che mi ha procurato una sensazione di riconoscenza, perche' dimostra che si puo' ancora sperare e pensare di fare musica d'autore (sia un tributo che un concerto delle cose che scrivi) e trovare qualcuno attento, appassionato e partecipe che vede invece di guardare, ascolta invece di capire. Grazie :)

Per chi volesse leggere, posto articolo e link del sito, raggiungibile cliccando qui

Germano Bonaveri,

un'infinita idea di libertà e di originalità

Se ci sono alcuni che aspettano la pioggia per non piangere da soli, ce ne sono invece altri che quando piove e tanto come venerdì scorso 10 luglio piangono e si disperano.

Presto detto il perché. Le feste all'aperto e gli incontri musicali quando piove vengono malissimo, anzi non vengono per niente e risultano regolarmente annullati e rimandati a data da destinarsi. Un simpatico modo di dire per non agitare la gente e tenerla sospesa in un limbo indolore. Tutti hanno piena consapevolezza nel profondo che, poi, queste date, una volta perse, non si ri-destinano mai...

Ma lui ci aveva dato questo appuntamento, le ultime ore dell'ultimo giorno di "Imola in musica" e il piacere sottile e diffuso di poter riascoltare i suoi arrangiamenti e il suo Fabrizio era cosa a cui non si poteva rinunciare. Non senza combattere la pioggia e la sfiga di questo luglio carico di monsoni. Era da pazzi pensare che con lo spettacolo che iniziava alle 21 e 30 e il cielo che aveva riversato una tempesta tropicale e acqua a secchiate fino alle 21, Germano Bonaveri potesse suonare . Ma lui un po' pazzo lo è e, se non proprio pazzo, almeno parecchio fuori dalle righe e già l'altra volta che l'ho ascoltato, senza troppe aspettative anche per mia ignoranza, devo ammettere, mi sono poi ritrovata a metà dello spettacolo a pensare tra me: < Oi, però> e alla fine, invece, a spellarmi le mani e chiedere bis, entusiasta come un'adolescente al suo primo campeggio.

Fabrizio de André è sempre quel poeta che avvicino ogni volta con la religiosa reverenza che si destina agli intelletti superiori. Un'invidia che mi sale ogni volta. Mai una parola di troppo a definire un sentimento e tutte così scarne ma efficaci. Non è una sorpresa, né per me né per i tanti altri che cantano le sue canzoni a memoria, sottovoce, un po' per vergogna delle stonature, un po' per pudore perché erano ragazzi negli anni settanta e ai ragazzi si perdona quello che agli adulti si vieta, compreso le stonature e l'appropriazione delle altrui idee meritorie. Quindi l'origine della frenesia , l'incanto si nasconde altrove. Negli arrangiamenti sorprendenti e finemente armonici che non ti aspetti, che virano dalle melodie consuete, conservate nei cassetti della memoria, tanto che all'inizio un po' ti urtano, ma che presto ti catturano tanto da volerle fare tue. E ti frustri per l'incapacità perché realizzi che a fare certe cose ci riesce solo lui, Germano, con la sua gestualità sudamericana, con la voce calda, arrochita dalle mille sigarette che fuma. Di questo te ne dispiaci, perché il fumo accorcia la vita, si sa, e ti obbliga ad averlo a disposizione per meno tempo, forse.

Ma l'armonia viene anche dagli altri elementi del gruppo. A una prima occhiata una eterogenea accozzaglia umana, dove un cyberpunk dalla presenza imponente affianca un maestro di piano dalla seriosità scaligera e un ragazzino da tozze duetta con la chitarra con un bassista che pare aver appena redatto un bilancio consuntivo. Ma il tutto funziona, dio se lo fa! E in questa serata umida di pioggia, dopo aver scavalcato, in un atto di fiducia, le pozzanghere che avevano reso l'Arena alla Festa del lungofiume una palude fangosa, letale per le mie scarpe di cotone leggero, Germano Bonaveri , Antonello D'Urso, Luca de Riso, Ivano Zanotti e Nicola Morali non l'hanno tradita. Hanno imbandito le loro melodie come cesti di frutta matura alla festa del raccolto, intrecciandole con leggerezza, giocando tra loro e con quei pochi coraggiosi che avevano sfidato il destino cinico e baro, la speranza quasi al lumicino ravvivata da ogni accordo e rullo di batteria sentito più forte ad ogni pozza guadata. Incredibile, suonano, dai corri, che se ci vedono arrivare poi non possono smettere! Dire che sono bravissimi è scontato, persino banale come dire che De Andrè è il più grande. Non posso farvi sentire un pezzo registrato col telefonino senza incorrere nelle ire della SIAE, quindi mi dovete credere sulla parola e se su qualche locandina, in giro, leggete il suo nome e una data, segnatevela in agenda e andate. Se la mancherete, perderete più che qualcosa.

Isa Tamagnini