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NOVECENTO, uno dei brani di 1968

 Il disco, come ho già avuto modo di spiegare, è la fotografia del mondo che mi circonda, visto con lo sguardo di un uomo del novecento.

La canzone è un excursus nel tempo che i nati nel 2000 non hanno potuto vivere, un tempo fatto di lavatrici e televisione come "meraviglie tecnologiche", un tempo dove la vita era probabilmente più facile, un tempo che aveva mille domande, e pochissime risposte. Ora la tecnologia offre risposte certe preconfezionate dal sistema, e chi le contesta è fuori dai giochi. Oggetto della canzone è Marta, la figlia della voce narrante, ed attraverso i suoi giorni si dipana una breve storia fatta di ricordi, molti rimpianti ed un pesante rimorso: l'aver creduto alla narrazione dell'Impero.
La dedico a chi, come me, è nato nel novecento e a tutti quei giovani che il novecento l'hanno solo (forse) sentito raccontare ed ai quali probabilmente il secolo trascorso è sembrata una favola.

NOVECENTO (Testo e musica: Bonaveri)

Ah che bel tempo il tempo che ho vissuto,
tutto in salita, tutto controvento,
ma adesso che il futuro è cominciato
ho quasi nostalgia del novecento.

Migliaia di uomini e donne
chini sull'avvenire
e calli nella mani, fatica e sudore
e i figli...
i figli, sì, una benedizione.
Ti chiameremo Marta
e vivrai un tempo migliore.

Quante cambiali per la televisione
e la seicento ancora da pagare.
La lavatrice un lusso
che non puoi immaginare
e Marta che pian piano
imparava a camminare.

Io ci ho voluto credere,
e credere davvero.
Come la terra dopo un temporale
fiorivano i progetti
ambiziosi sul futuro
e Marta andava a scuola
ad imparare.

Ah che bel tempo il tempo che ho vissuto,
tutto in salita, tutto controvento,
ma adesso che il futuro è cominciato
mi rendo conto che è trascorso in un momento.

E il novecento è uno sforzo di memoria
che fruga nella polvere
dei giorni che hai vissuto,
è il tempo che ad un tratto si fà storia:
è Marta che stasera uscirà col fidanzato.

Il novecento è soltanto un'impressione,
è un'occasione che non può tornare:
è un sogno che hai spezzato
e non si può aggiustare,
è Marta che oggi insegna
in una scuola elementare.

Ed io ti ho vista crescere,
crescere davvero,
come l'alba al sorgere del sole.
Vorrei che la speranza
che riponi nel futuro
non fosse mai delusa
dai capricci del destino.

Ah che bel tempo il tempo che ho vissuto,
che così bello non è stato mai.
Il novecento volgare e dissoluto
che ha procurato solamente guai.
Ah che bel tempo il tempo che non sai
perché qualcuno già te l'ha rubato
e adesso che tu tempo non ne hai,
Marta, vorrei che tu m'avessi perdonato.

Per tutti i segni che non ho intuito
per quei presagi che forse avrei potuto,
per ogni volta in cui non ho reagito
e sono stato complice di ciò ch'è capitato.

Io ci ho voluto credere,
e credere davvero.
Come un giardino dopo il temporale
sfiorivano i progetti
che avevamo sul futuro
e tutti increduli
restammo lì a guardare.