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SOBIBOR (Letter from Gaza)

In questa canzone ho immaginato un prigioniero del lager di Sobibor che scrive alla sua amata. Una lettera scritta in un luogo in cui rompere il silenzio può significare morire, una lettera che non si può scrivere, che non si può nemmeno spedire. Una canzone sulla bellezza e sull'errore umano.
Il parallelismo poi con altri lager, contemporanei, che tutti noi fingiamo di non vedere.

Sobibor (Letter from gaza)

Ti scrivo un saluto da qui.
Un lento saluto, perché
le parole sono pesanti da pronunciare
in questo pezzo di mondo
così lontano da noi.

 

Tu non disperare, se puoi:
c’è così tanto azzurro
da poter volare
oltre ogni idea,
al di là del dolore,
nonostante il confine
che ci separa oramai.

Ti scrivo un saluto da qui
(c’è così tanto orrore
che vorrei gridare).
Ferocia e bellezza
si confondono in me:
può così tanto
l’errore!

Ti scrivo un saluto da qui.
So già che non smetterai,
non la smetterai mai di aspettare
un tramonto
per vedermi tornare.

Ti lascio un saluto che parla di noi,
adesso che è notte e lo sguardo non vede
riesco ancora a pensare a quei giorni, e dipingerti in viso
l’impressione del tuo sorriso.