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Perché, agnolotte mie e non de la ventura, dopo tot giorni e settimane di 59esimo Festivàl della canzone italiana, a uno magari gli vien pure voglia di decomprimersi quel tot. E allora quale posto migliore di Tortona, patria del Perosi, che il cielo l’abbia in gloria, e del mè amìs Alberto Bazzurro? Nessuno, in fatto, e meglio poi se l’occasione è un concerto in onore di Fabrizio De André, tenuto da Germano Bonaveri e i suoi prodigiosi Resto Mancha...
...Tanto per essere chiari, il civico di Tortona è un bell’edificio di prima metà Ottocento, con 3 ordini di palchi (lo scrìba stava in barcaccia, alla destra degli artisti: grazie, dott. Bazzùrro) e una bella, raccolta platea. In complesso, trecenquaranta posti a sedere, presso che esauriti la sera di sabato u.s. per il concerto intitolato Quello che non ho e tutto dedicato alle canzoni del cantautore rèsosi defunto or sono 10 anni, 2 mesi e qualche giorno. Bonaveri, autore di un già acclamato primo cd, non si sogna neppure di ripetere De André: per quello esistono vinili, cd, dvd, audiocassette, quèl che vi pare a voi. Germano Bonaveri di Bologna, coi Resto Mancha sua band di fiducia e con ospiti de l’àlter mond tali il batterista extraordinaire Lele Veronesi e quel personaggione del Mario Arcari, che ha suonato con tutti e non si stanca mai ben che appena più anziano dello scrìba. Nello show, un po’ di De André noto (Marinella, una Via del Campo commovente, Il testamento di Tito) e un par di chicche (fra queste, il vetusto scrivente chiamato di un paese molto lontano apprezzò in ispecie Tre madri, apparentata con precisione dal Bonaveri a una Pietà rinascimentale).
Nel dopoconcerto, presso il rinomatissimo e già saggiato locale di territorio L’infernot, ottimo il paté de tonneau guarnito di cetrioli e di gran qualità gli affettati, annaffiato dal buon Timorasso, che a Tortona spadroneggia sulle tavole più accorte e meglio guarnite. La colonna sonora fu diretta ed eseguita dal m.o Mario Arcari, di cui lo scriba vuole ricordare un’intonatissima versione di Partire, minor-hit di D’Anzi-Briareo e title song di omonimo film del 1938, in cui la cantava un allora giovane Vittorio De Sica. Non che eseguirla in tonalità, l’Arcari ne ricordava a memoria tutto il testo, complesssisima strofa compresa. Ah, gran bontà de’ musicanti antiqui, direbbe forse Giôannbrerafucarlo, cui questo pezzo è indegnamente dedicato. In quanto a voi, il memento è sempre quello: buone camicie di satin a tutte.