Dopo anni di caccia spietata finalmente e' qui, di fronte a me. Ci divide una semplice scrivania di compensato, di quelle scolastiche con il ripiano verde oliva. Due sedie a completare lo squallido arredamento ci concedono una specie di comodita', nonostante il reciproco disagio.
Siamo idealmente al centro di questo grande incolto campo che a perdita d'occhio si staglia contro il cielo, una specie di piattaforma di lancio verso l'infinito senza rampe, talmente grande che si puo' persino intuire, guardando lontano, la curvatura del pianeta. Intorno a noi, dunque, solo un intenso colore verde del prato cresciuto spontaneamente ed il blu dell'atmosfera. Tira un po' di vento, ed il mio sguardo fisso negli occhi dell'uomo percepisce in secondo piano, alle sue spalle, l'illusione che un'entita' sovrannaturale scivoli sull'erba. La sensazione che ne deriva e' di inquieta solitudine, avverto una strana presenza che pervade questi attimi con una forte ed incombente personalita'. Tocca a me parlare per primo, purtroppo pero' non ho in serbo alcuna domanda, impreparato com'ero all'incontro cosi' inaspettato ed inusuale giunto nel momento esatto in cui avevo deciso di abbandonare la caccia. Non mi aspettavo neppure di incontrarlo proprio qui, in questa improbabile vallata meta del mio peregrinare inquieto. Non e' tempo per considerazioni sulle casualita' e sulle modalita'... devo pensare in fretta e cominciare. Scorro idealmente sul monitor del ragionamento tutta una serie di caratteri confusi, domande stupide, curiosita' represse in cerca di qualcosa da dire, in cerca della domanda d'esordio capace di suscitare attenzione. Schiarisco la voce, poi con tono calmo e determinato finalmente inizio: -Perche' sei qui?- ... non potevo scegliere interrogativo piu' idiota, piu' prevedibile e stupido di questo, percio' aggiungo: -Intendo dire oggi, proprio oggi che mi ero arreso ed ero venuto quassu' per stare solo con la mia sconfitta...- Ecco, cosi' va gia' meglio... devo pensare come lui per essere lui, devo fargli sentire la mia forza, la determinazione che ho conservato tenacemente fino a questa mattina. -Nella tua rinuncia sta la mia sconfitta... non ci sono venuto, mi ci hai portato.- Ha lo sguardo fisso lontano, oltre l'arco di terra dell'orizzonte. I suoi capelli mossi dalle correnti di questa primavera fresca indugiano sulla fronte rugosa e serena, mentre le mani immobili non tradiscono emozione. Vorrei spiegargli che il mio odio si e' assopito, in tutti questi anni. E' come se l'avessi inseguito per l'inerzia di un antico volano messo in rotazione nella mia notte dei tempi di cui non serbo neppure memoria. Ad essere sinceri, oggi non provo neppure rabbia, ne' indifferenza. Se lo guardo bene mi accorgo che non e' invecchiato, a dispetto del mio tempo che al contrario ha infierito sul mio viso e sulla mia forza obnubilando l'energia della gioventu'. Per non tradire la debolezza intellettuale che mi assale, incalzo: -Il tuo potere si sta sgretolando, oramai le persone di cui ti circondavi hanno tradito la causa: ti rendi conto dell'utopia del tuo progetto? Ti rendi conto, ORA, della follia solitaria che porti dentro? Sei rimasto solo, hai rovinato tutti noi illudendoci , ti abbiamo creduto ed ora eccoti qui, prigioniero di uno dei tuoi sicari...- Ha abbassato lo sguardo, io lo interpreto come il segnale che confermi l'efficacia del mio assalto. -Avrebbe funzionato... Ha funzionato all'inizio, quando imponevo con la forza il mio volere, ha funzionato finche' la sete di potere non vi ha preso la mano, ha continuato a funzionare fino a quando ho continuato a crederci, senza voler guardare bene cio' che stavate cospirando contro di me ed il mio progetto- -Cazzate ! Ha funzionato finche' tolleravamo la tua violenza !! Uccidesti mio padre e mia madre quando ero ancora bambino, non l'ho dimenticato !! Hai permesso violenze inaudite garantendo l'impunita' ai responsabili... cosa ti aspettavi? Credevi forse che le vittime non si sarebbero un giorno ribellate, trasformandosi nei tuoi aguzzini? Ho passato gli anni dell'infanzia a chiedermi perche'... perche' proprio i miei genitori... potevi colpire altri, cazzo ne so... uno qualsiasi dei tuoi sicari, uno dei tanti bastardi che affollano le strade della citta'... - La rabbia che ho serbato dentro per tutti questi anni sta prevaricando sul buon senso. Avrei mille cose da dire, se aprissi le dighe del passato: preferisco tacere pero' per osservare la sua reazione, peraltro assolutamente composta. -Non sono stato io ad uccidere i tuoi, e lo sai: e' il sistema. E' l' evolversi dell'equilibrio, sono tappe obbligate che vengono percorse dall'incedere dei fatti. Del resto anche tu hai contribuito all'instaurarsi di questo stato di cose, ti sei arruolato liberamente nel mio esercito.- Nel pronunciare questa frase si e' proteso in avanti, appoggiando saldamente le mani alla scrivania ed abbassando il tono di voce, scandisce le ultime parole con puntigliosa calma, quasi accusando. -L'ho fatto perche' volevo arrivare a te,- esclamo ,- perche' sognavo un giorno di trovarmi faccia a faccia con il responsabile di tutto questo sangue. Ma tu sfuggivi, ineffabile. Quante volte ho sentito di averti sfiorato... Ogni volta pero' svanivi, invisibile e trasparente come l'aria. Ti sei manifestato solamente grazie alle conseguenze delle tue azioni, inconcepibili per chiunque e logiche solo nei tuoi sogni di pazzo. Solo tracce. Orme che ho seguito ma che svanivano come sabbie battute dal vento proprio quando sentivo di essere li', di averti finalmente trovato. Nella follia della caccia ero arrivato al punto di crederci, sentivo dentro me crescere l'idea che avessi ragione tu, che fosse giusto... Ti odiavo talmente da veder crescere dentro il rispetto ed il timore della tua forza. Per un certo periodo ti ho quasi amato.- Sono confuso. Rabbia e perdono attanagliano l'animo mentre lui tace, riflettendo accovacciato sul mondo. Sento di dovere continuare, sento che devo: -Perche' mi hai illuso? Perche' hai illuso tutti noi? Dov'e' ora la tua giustizia, dove sono le ricchezze e l'ordine, dove sono le citta' e le isole felici? L'Eldorado e l'Atlantide agognate dove sono finite? E' caos, amico mio, nelle strade l'anarchia mentale ha sopraffatto il buon senso. Armi, disordine, violenza. Un bel risultato. Un bel lavoretto davvero...- Ho colpito, lo sento. Lui alza gli occhi, con fare secco e severo, fissandomi a lungo. Per la prima volta capisco di avere fatto breccia, di essergli entrato dentro, sconquassandolo. E' avvilito e rabbioso, un magma di ricordi e di impressioni attanaglia l'eco della sua persona mentre socchiude le labbra in cerca di parole: -La scintilla... una scintilla puo' incenerire una foresta se la si lascia seccare ai raggi del sole. Ho riposto la foresta nelle mani dei miei sicari, illudendomi che ne avessero cura. Sono stato un folle, forse lo sono stato. Ma tu, tu... tu non riesci a guardare? Non riesci a capire?- Sta quasi piangendo. Non so che dire, perche' non mi aspettavo tutto questo:ne' l'incontro, ne' l'umanita' celata nell'animo di un dittatore severo che ora mostra incertezza, sconforto. Mi puo' bastare. Non ho piu' sete di vendetta e non sento il bisogno di spiegare piu' nulla, nessuna domanda da fare e nessuna condanna da decretare. La sola cosa che mi passa per la testa, ora, e' una vaga idea di comprensione mista a compassione: -Ora che farai? Pregherai il tuo dio, se mai ne avessi uno? O piuttosto ti aggrapperai a te stesso, cercando di ricominciare? Te ne andrai, sceglierai l'esilio o lotterai ancora per reinstaurare il tuo ordine?- Scuote il capo, quasi affranto dal mio non capire: -Sono stanco, amico mio... non reggo piu' il gioco. A dire il vero non lo reggo da tempo. Mi sono lasciato catturare oggi proprio perche' nessuno mi da' piu' la caccia, perche' non sono piu' braccato da alcuno. Non ho piu' ragione di esistere, quello che ho fatto l'ho fatto animato dalla voglia di condividere, di capire chi ero e chi sono, imparando giorno dopo giorno da me stesso. Sei il mio ultimo soldato, l'ultimo baluardo di un reggimento confuso che non sa piu' da chi prendere ordini, quale causa servire. Sono solo immensamente stanco, dopo che te ne sarai andato mi ritirero' lontano, dove memoria non potra' raggiungermi.- Ho le mani sudate. Sono scosso da tensioni emotive contrastanti e sento addosso il peso di tutti questi anni, di tutto il tempo che ho dimenticato in qualche tasca della memoria offuscato com'ero da quello che era diventato lo scopo della mia vita. Ora e' qui, ed ora che e' qui non assaporo piu' il gusto della vittoria, non sento la gioia rabbiosa del vincitore. Mi scorrono davanti agli occhi i fasti scarlatti del suo esercito, le follie che ho visto compiere ed ho compiuto in nome suo, gli occhi disperati di bambini affamati abbandonati nelle mani di un destino africano implacabile, corpi corrosi da malattie allucinanti che imploravano la fine, fucili spianati contro esili figure di donne stuprate da animali inferociti... Ma soprattutto occhi. Milioni di occhi vuoti dietro fili spinati, nascosti tra le lenzuola di letti d'ospedale, occhi spaventati di creature sopraffatte dall'assurdita' di questa nostra specie. Occhi che ho consolato ed illuso avvolto nella mia veste nero corvino, prete apostolo di un dio che in fondo amo, occhi che ora sento addosso come fucili puntati di un plotone di esecuzione. Mi alzo, girandomi verso la curvatura del mondo. Me ne vado senza salutare, lasciando quel vecchio seduto sopra ai suoi sogni meravigliosi. Nell'andarmene tolgo la veste talare che ho indossato per tutti questi anni, la getto lontano e sorrido quando mi accorgo che nelle mani stringo ancora un piccolo crocifisso d'argento, mentre l'ultima notte stellata di questa era confusa si stende oziosa sul mare dell'erba.