Calici alzati,
gote purpuree brindano alla vita.
Secoli scorrono
come fiotti di lava
e lasciano dietro le ceneri del ricordo.
A questa immobilita' infinita
che fluisce lieve tra le rive del tempo
resto sordo,
impossibile spettatore
sempre stupito alla replica.
Ho pianto per il cielo,
applaudito il tramonto.
Riso di me.
Ascoltate il fanciullo,
che con la voce spezzata dal pianto
getta lontano il calice
salutando la compagnia,
deciso nell'attimo
e sofferente nel'eternita'.
Le comparse non si fermano mai,
vagano come canzoni nel vento
tra i palcoscenici della realta'
come certi zingari che sai.
Quando si fermano,
e' per sempre,
per restare a sentire l'aria, il cielo...
insomma, a respirare.