Mattino d'estate.

Accosto l'auto al ciglio, innesto la prima, e scendo. Un nanosecondo mio equivale ad una ventina di minuti vostri, per cui posso dire che tra prendere i bastoni, aprire la portiera, sollevare la gambetta sinistra, metterla giu' ed issarmi in piedi fuori dalla vettura, saranno passati si e no 15 secondi. Dei miei.

E' la prima volta che esco e guido da 8 mesi a questa parte: addosso ho l'entusiasmo che mi piace chiamare dellostomacovuoto, quasi uno stato di preorgasmo cui solitamente pero' non segue nulla. Bene. Il fiume scorre poco piu' avanti, oltre quel gibbone pelato e ruvido che cela alla vista la piccola diga che conosco bene...facile da raggiungere, liscia a sufficienza da permettermi, una volta riuscito a lasciarmi cadere goffamente a terra, di strisciare fino ad una posizione abbastanza assolata. Eccomi qua, via la maglietta, via i pantaloncini, via i bastoni: occhi chiusi e bagno di sole. Lo aspettavo da troppo tempo: poter chiudere gli occhi, sentire le palpebre tiepide sulle pupille e "vedere" un rosaceo indefinito ma luminescente che percepisco come a guardarmi dentro. Nel silenzio riesco a concentrare i pensieri; anche gli odori, in questa quiete esaltata dal fragoroso sbattere d'ali di un passerotto, sono piu' fragranti e percepibili: sento il profumo dell'acqua, della sabbia, della luce. Tutto stamattina e' calore. Sento l'orologio scottare terribilmente e cosi' immagino i bilancieri come impazziti, chiusi in quella piccola bara acciaiosa, capaci di fare scorrere il mio tempo quasi alla stessa velocita' del vostro. Sento che potrei persino tuffarmi, e nuotare. Non ho nulla da fare. Non per costrizione, per scelta... ed e' meraviglioso: nulla da fare se non stare, sentire. A pensarci bene, e' incredibile quanti nulla ci siano, cosi' apparentemente simili eppure cosi' diversi. Quello che sto vivendo oggi non e' un vuoto. E' una vita espansa al limite dell'essere rarefatta, e' un cosmo immenso che gira, ed ha un piccolissimo centro di rotazione: io. Lo lascio vagolare per le rive, lascio che si diverta un po' a lanciare sassi nell'acqua, contandone i rimbalzi. Mi sento di azzardare l'idea che la serenita' sia fatta cosi'. Quantomeno, questa deve essere una delle sue manifestazioni, capace di prescindere dal come sto (dal come sto DAVVERO), dal dove sono, e da queste due gambette rotte e sofferenti. Certe volte nella vita arrivi ad un punto in cui la novita' e' quando non succede nulla, quando non suona il postino, quando non senti il bisogno di gridare, di tossire... Una talpa apre una finestrella sul fianco del gibbone, si affaccia con due enormi zampotte e mi guarda. No, guardare no, non ci vedono un tubo... diciamo mi percepisce. Mi sento idiota: la chiamo come si chiama un gatto, lei punta il muso in alto assaggiando il sapore del mio rumore. Qualche pesce bolla a pelo d'acqua, forse un'effimera in picchiata oppure una emergente di chissa' quale specie, alcuni mosconi suonano con le loro ali le canzoni dell'afa estiva, se avessero l'orologio del mio tempo non riuscirebbero a volare. Lo so, e' una storia di nulla, un racconto in cui non capita niente: senz'altro, per chi riesce la notte a girarsi nel letto senza doversi svegliare o per chi calcia una lattina vuota come se nulla fosse e' una pagina di niente, un libretto insulso, un quaderno vuoto. Con un entusiasmo sincero, invece, ho raccontato l'apatica quiescenza di un'anima che per un istante ritrova la bellezza del semplice stare dentro le cose come puo' starci un albero, un ruscello, un sole...